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Abbiamo descritto gli sfondi, passiamo ora alla gente presente, che è poca perché molti sono partiti per lavorare fuori.
Nel 1776 Frate Dionigi, lo storico a cui si deve l'opera di importanza fondamentale per la testimonianza del suo tempo e l'esegesi dei tedeschi antichi (relazione critico-storica della prodigiosa invenzione di una immagine di Maria SS. chiamata comunemente della Cava di Pietraperzia), commenta così il carattere degli abitanti:
"...d'una mente facile ad apprendere qualsivoglia cosa, benché difficile, e la mancanza della coltura fa che non tutti sieno rinomati. Eglino son troppo colerici, benché quanto tardi alla vendetta, altrettanto facili alla pietà. Universalmente sono travaglianti e nemici dell'ozio: però la maggior parte di coloro dai quali si potrebbe sperare qualche bene, son troppo, inclinati all'ozio, d'onde viene che non son di buon gusto, né d'un dilicato discernimento e non curano le glorie e i vantaggi propri non che della Patria".
A distanza di due secoli l'analisi appare ancora pertinente, fatte le proporzioni con l'aumentato numero di "coloro dai quali si potrebbe sperare qualche bene" ovverosia dei benestanti, il paese appare immerso in una beata tranquillità.
In paese la religione è ancora molto sentita, ed oltre alla messa della domenica, sempre affollata ma solo in due delle 13 chiese, ci sono ricorrenze religiose speciali per tutto l'anno, per devozioni ai Patroni e ai Santi protettori delle categorie artigianali.
La più importante però è quella del venerdì Santo, ed è anche la più caratteristica ed originale: si chiama "lu Signuri di li fasci" e, tra le processioni penitenziali della settimana santa in Sicilia, è singolare per la suggestione catartica che riesce ad evocare. La rappresentazione è astratta: più di trecento fasce di lino, che trattengono l'alto pennone del crocifisso, si muovono attraverso le strade, le discese, gli slarghi del paese con maestosità. Assumendo i sembianti di un essere fantastico e indefinibile.
Ma è il segno corale di una comunità che si muove in sapiente coordinazione.
Altre feste, a partire dell'Epifania, sono:
Avevamo dimenticato San Giovanni, il 24 giugno, con pellegrinaggio alla chiesetta campestre vicina alla sorgente che dava acqua all'abitato, aperta solo quel giorno dal Signor Bonaffini che ne è proprietario e che la persevera, con la sua famiglia, dal 1824; in questa occasione gli adolescenti preparano "u lavuriddu", facendo germogliare in piccoli vassoi, il grano, e questi campicelli di erba adornano l'altare: questo, come rito iniziatico, è antichissimo in coincidenza con il solstizio d'estate.
Poi c'è ancora San Martino l'11 novembre, con i mostaccioli di vino rosso, e San Nicola di Bari, protettore del paese fino al 1624, ed anche devozioni al di fuori del paese quali il pellegrinaggio a San Filippo Neri ad Aidone – distante circa 40 KM – nelle ore notturne del 1 maggio. Questi avvenimenti coinvolgono un po' tutti, con rituali preparatori che durano settimane, per gli appartenenti alle diverse congregazioni o parrocchie impegnati a fare più bella la festa, che regolarmente culmina, a tarda serata, nei fuochi d'artificio.
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